I documenti declassificati sull’ingerenza russa nelle elezioni in Romania

di Emanuela Corda
Il 6 dicembre, la Corte Costituzionale rumena, la più alta giurisdizione del Paese, ha annullato il risultato del primo round delle elezioni parlamentari nazionali che hanno avuto luogo il 24 novembre,
riconoscendo numerose irregolarità e violazioni della legittimità del processo elettorale a causa di interferenze illegali e attività estere maligne, dalla manipolazione e amplificazione sintetica delle campagne digitali sui social a sospetti finanziamenti, passando per attacchi informatici su larga scala che hanno confermato l’interferenza senza precedenti di un attore statale straniero in favore di uno dei candidati politici in corsa e contro le istituzioni del Paese.

Un atto di rilevanza estrema, anch’esso senza precedenti, non solo nella storia della Romania ma anche in quella europea. La decisione è arrivata in un contesto civile e politico di grande caos e criticità, che ha visto più volte l’intervento della Corte in difesa dello Stato di diritto (a ottobre, era già stata annullata, non senza preoccupazioni, la candidatura del membro del Parlamento Europeo Diana Sosoaca, avvocata affiliata all’ultra destra, antisemita, anti NATO, anti UE, sulla base dell’incostituzionalità dei suoi ripetuti messaggi politici: si tratta della stessa Sosoaca che è più volte finita sulle cronache per le sue trovate sopra le righe, come la benedizione del Parlamento contro Satana, le accuse di un indefinito “complotto degli ebrei” e della Francia, la proposta di annessione di territori ucraini alla Romania, le manifestazioni con indosso una museruola).

L’exploit inaspettato, principalmente grazie ai social, del candidato di estrema destra Calin Georgescu, arrivato primo con un balzo dall’1% al 22,94% nel giro di un mese di campagna elettorale, e fino a quel momento illustre sconosciuto ai più, ha acceso un faro in questo contesto di tensioni su quella che, come molte voci in Romania ormai denunciavano, si è poi rivelata una operazione su larga scala condotta dalla Russia per influenzare le elezioni politiche.

Georgescu, 62 anni, rappresentante dell’estrema destra, anche lui feroce critico della NATO e dell’Unione Europea, di cui la Romania è membro rispettivamente dal 2004 e dal 2007, si è rivelato infatti come uno strumento del Cremlino utilizzato per indebolire i processi democratici nel Paese, influenzare le elezioni, agire insomma in maniera ibrida sulla sovranità nazionale.

La Romania è uno Stato che, ricordiamo si è liberato “ufficialmente” della guida comunista sovietica nel 1991, quando è diventato uno Stato di diritto democratico, ma che nella sua prima fase post-comunista non si è mai realmente allontanato dall’influenza russa, almeno fino all’ingresso nella NATO e nella UE.
Un “allontanamento” storico, così interpretato dal Cremlino, che ha spinto Mosca a operare costantemente in maniera ibrida nel Paese, nel tentativo di stabilizzare una influenza necessaria a gestire quello che, in termini di difesa strategica, è visto da Mosca come un “avamposto della NATO” scomodo e pericoloso.
Si legga per approfondire “From Spheres of Influence to Energy Wars: Russian Influence in Post-Communist Romania” di Theodor Tudoroiu.

Le strategie del Cremlino per influenzare il potere di Bucarest, si sono basate su tutta una serie di armi ibride note ormai alla cronaca ma che, soprattutto oggi, si rivelano di complesso contenimento e contrasto.
La particolarità dell’operazione russa in Romania in questo caso, si riferisce alla strumentalizzazione  raffinata e potente dei social media, soprattutto di Tik Tok, Discord e Telegram, come rivelato dalle indagini che hanno coinvolto più istituzioni e agenzie governative (Serviciul de Informații Externe (SIE), il Serviciul Român de Informații (SRI), l’agenzia militare del Serviciul de Telecomunicații Speciale (STS) e il Ministero dell’Interno) e che hanno portato alla decisione del 6 dicembre della Corte Costituzionale.

Tik Tok nello specifico ha svolto un ruolo essenziale nell’attacco della Russia: si tratta del social più diffuso in assoluto in Romania, con un numero di utenti di quasi 9 milioni. Secondo le indagini dei servizi, oltre 100 influencer rumeni hanno operato su Tik Tok in favore di Georgescu, raccogliendo un numero complessivo di 8 milioni di abbonati dentro e fuori dalla Romania, all’interno di una campagna propagandistica che si è svolta in contemporanea a una campagna di attacchi riconducibili a entità cybercriminali russe e alle attività parallele che si sono svolte su Telegram e Discord.
Le attività sui contenuti video di Georgescu e gli hashtag a lui collegati, come il diffuso #echilibrușiverticalitate, culmine di una campagna di disinformazione e misinformazione fortemente riconducibile al modello russo utilizzato in Ucraina, hanno portato il candidato (manipolando l’algoritmo attraverso l’attivazione di centinaia di account dormienti e oltre 25000 account attivi), nella top ten delle tendenze globali sul social.

Mentre tutto ciò si scatenava online, nelle piazze rumene venivano promosse manifestazioni popolari che esprimevano tendenze esattamente opposte, in favore cioè della democrazia e dell’orientamento pro-Europa e pro-NATO che il Paese ha tentato di seguire negli ultimi decenni, con più voci di organizzazioni, partiti, rappresentanti popolari e intellettuali che hanno espresso il loro supporto all’oppositrice di Georgescu.

Tornando al virtuale, TikTok ha confermato, ma solo in seguito e non mentre il tutto avveniva, la manipolazione del contesto elettorale sulla sua piattaforma.
Buona parte delle attività di propaganda e manipolazione dei risultati, organici e non, erano facilmente riscontrabili agli occhi di un pubblico attento grazie a classici segnali di allarme: account inattivi che iniziano a replicare determinati messaggi a ritmo serrato, invasione di commenti tutti uguali nei contenuti legati a Georgescu, profili che utilizzano in maniera fraudolenta loghi, nomi, identità di entità governative o attori statali legittimi, video e contenuti etichettati come creatività di intrattenimento (per sfuggire alle violazioni sulle linee guida di Tik Tok), che in realtà sono stati manipolati e montati per screditare l’opposizione o rafforzare l’idea di un sostegno popolare a Georgescu.
E così via, come ben spiegato nei documenti declassificati diffusi dal Governo rumeno, arrivando ai finanziamenti occulti da parte di reti filo-russe, di supporto in chiaro e in ombra di attori e network legati alla criminalità rumena, russa e dei paesi limitrofi, ma sempre con legami riconducibili a Mosca.

La Romania ha diffuso, appunto, i documenti declassificati delle indagini al Consiglio Supremo di Difesa, aiutando la Corte Costituzionale a prendere la decisione di annullare i risultati del primo e del secondo turno, che avrebbe visto opporsi a Georgescu la candidata di centro destra e moderata Elena Lasconi.

L’intero procedimento elettorale, a seguito della pubblicazione dei documenti di indagine, è quindi stato annullato e verranno ridefinite nuove elezioni, uno scenario che allo stato attuale della situazione rumena e della “debolezza” di certi aspetti costituzionali, potrà causare ancora più tensioni, problemi di sicurezza e cambiamenti politici nell’immediato futuro.

Al resto d’Europa non resta che prendere atto del fatto che, senza una adeguata educazione alla minaccia che insidia la società civile, senza una adeguata consapevolezza collettiva e senza il supporto degli organi competenti di uno Stato in materia di controspionaggio e sicurezza, non esiste a tutt’oggi una difesa attuabile e pienamente adeguata a prevenire o arginare nell’immediatezza una interferenza ibrida straniera atta a colpire la struttura democratica di una nazione sovrana.

Va inoltre preso atto dell’ennesima operazione russa contro Unione Europea, democrazia e NATO, sintomo di una sempre maggiore attività maligna e potenziamento delle performance del Cremlino nel perseguire la propria agenda estera,

Scarica i documenti in inglese:

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