La “misura attiva” più efficace e devastante del KGB: l’Operation Denver


di Enrico Speranza – Nel periodo storico definito comunemente come “guerra fredda” il servizio di spionaggio estero sovietico (KGB) progettò e realizzò numerose forme di “influenza e manipolazione” dell’opinione pubblica mondiale tese a screditare e dividere sul piano internazionale i paesi capitalisti ed in particolar modo l’eterno ed acerrimo nemico ideologico: gli Stati Uniti D’America. Nel gergo tecnico del KGB tale operazioni, sia su scala nazionale che internazionale, venivano definite “Misure Attive” (in russo: активные мероприятия, romanizzato: aktivnye meropriyatiya) ed ad esse, fin dagli anni ‘60, era dedicato un apposito direttorato (Servizio “A”) parte del Primo Direttorato Centrale. Il termine “Misure Attive” definisce molto bene lo scopo di tali operazioni e le distingue nettamente dal tipico ruolo “passivo” delle diverse agenzie di spionaggio spesso maggiormente focalizzate sulla raccolta ed analisi di informazioni riservate o segrete. Il gergo, spesso abbreviato come A.M., ci descrive in nuce anche la filosofia politica teorica alla base di tali provvedimenti. Come è risaputo l’ideologia marxista/leninista è profondamente informata dal rovesciamento del pensiero di von Clausewitz inteso come: “La politica non è che la continuazione della guerra con altri mezzi”. In tale ottica, ogni atto politico, anche in tempo di pace, si avvale della strategia militare nello sfruttare tutte le debolezze del “nemico” utili al raggiungimento dei propri obiettivi. Non certo a caso, in una relazione giunta dagli archivi del Servizio Segreto Bulgaro all’indomani della visita nel Gennaio 1985 del Generale Vladimir Ivanov del KGB a Sofia, lo stesso citava un’opera di Lenin per introdurre ed illustrare politicamente ed ideologicamente il “cuore” delle misure attive: “Il nemico più potente può essere sconfitto solo con impegno estremo e sfruttando con massima abilità e attenzione qualunque sua debolezza, anche la più piccola, ogni conflitto di interessi tra la borghesia dei vari paesi e tra vari gruppi o tipi di borghesia all’interno dei diversi paesi, approfittando di ogni opportunità, anche la più piccola, di avere la massa dalla propria parte, anche se si tratterà di un alleato temporaneo, indeciso, instabile, inaffidabile e condizionato”.

Più dettagliatamente estrapoliamo un passo più ampio dello stesso scritto in una nuova recente traduzione:

Si può vincere un nemico più potente soltanto con la massima tensione delle forze e alla condizione necessaria di utilizzare nella maniera più diligente, accurata, attenta, abile, ogni benché minima “incrinatura” tra i nemici, ogni contrasto di interessi tra la borghesia dei diversi paesi, tra i vari gruppi e le varie specie di borghesia all’interno di ogni singolo paese, e anche ogni minima possibilità di guadagnarsi un alleato numericamente forte, sia pure temporaneo, incerto, incostante, instabile, inaffidabile, non incondizionato. Chi non ha capito questo, non ha capito un’acca né del marxismo, né del moderno socialismo scientifico in generale. Chi non ha praticamente dimostrato, durante un periodo di tempo abbastanza lungo e in situazioni politiche abbastanza varie, di essere capace di applicare nella pratica questa verità, non ha ancora imparato ad aiutare la classe rivoluzionaria nella sua lotta per liberare tutta l’umanità lavoratrice dagli sfruttatori. E ciò che si è detto si riferisce egualmente al periodo anteriore e al periodo successivo alla conquista del potere politico da parte del proletariato.” (https://www.nuovopci.it/classic/lenin/estremismo.html)

E’ ormai storicamente assodata l’ammirazione da parte di Lenin verso il teorico militare von Clausewitz ed è su questo fondamentale concetto che lo storico militare Nicola Zotti si esprime delineando l’origine di tale lettura da parte di Lenin:

La prima citazione di von Clausewitz che incontriamo negli scritti di Lenin compare ne “Il collasso della Seconda Internazionale”, del giugno 1915:

«Applicata alla guerra, la tesi di fondo della dialettica […] è che “la guerra è semplicemente la continuazione della politica con altri mezzi (e precisamente violenti)”. Questa la formulazione di Clausewitz, uno dei più grandi autori su questioni di storia militare, le cui idee furono originate da Hegel. E queste idee furono sempre il punto di vista di Marx e Engels, che videro ‘ogni guerra’ come la continuazione della politica di ogni potere investito di interessi e delle differenti classi al loro interno, in una determinata epoca».

Lenin è il primo a cogliere un aspetto essenziale del pensiero di von Clausewitz, estremamente gravido di conseguenze: la relazione tra guerra e politica individuato dal pensatore prussiano trascende infatti un’interpretazione restrittiva applicabile solo agli Stati, ma può essere estesa a qualsiasi comunità politica. Se la guerra è il “vero camaleonte” descritto da von Clausewitz, ovunque una comunità politica individui se stessa, potrà esprimere una ‘forma guerra’ di natura propria e congeniale. La lettura del ‘Vom Kriege’ chiariva a Lenin che per la prima volta nella teoria militare era stato negato l’eterno e il permanente, aprendo la strada alla possibilità di impegnarsi a esaminare il fenomeno della guerra nelle sue interdipendenze e interconnessioni, nei suoi movimenti e sviluppi per riuscire a postularne leggi, principi e prassi originali. La ‘guerra socialista’ – come si legge ne “Il socialismo e la guerra” (1915) – era ormai disponibile:

« [Noi bolscevichi] comprendiamo l’inevitabile legame delle guerre con la lotta delle classi nell’interno di ogni paese, comprendiamo l’impossibilità di distruggere le guerre senza distruggere le classi ed edificare il socialismo, come pure in quanto riconosciamo pienamente la legittimità, il carattere progressivo e la necessità delle guerre civili, cioè delle guerre della classe oppressa contro quella che opprime, degli schiavi contro i padroni di schiavi, dei servi della gleba contro i proprietari fondiari, degli operai salariati contro la borghesia». (http://www.warfare.it/storie/lenin_clausewitz_p1.html)

Attraverso questa interpretazione profondamente intrisa dell’equivalenza tra dialettica politica e guerra, lo scontro è ubiquitario ed onnipresente in ogni epoca storica ed appare dunque l’utilizzo dell’ormai famoso “Divide ed impera” di cui le “misure attive” divengono gli strumenti principali per destabilizzare un’intera nazione e dunque sopraffarla più facilmente.

Per comprendere le motivazioni dell’attuazione delle Misure Attive da parte dell’Unione Sovietica è necessario quindi capire il pensiero politico alla base dell’agire del suo “Spada e Scudo” ovvero il KGB. Sempre dal libro “Dezinformatsia: Active Measures in Soviet Strategy” è possibile chiarire ulteriormente scopi e motivazioni:

Ampie prove della continua adesione sovietica a questi precetti si trovano nelle fonti sovietiche disponibili, compresi gli scritti e i discorsi dei principali funzionari del Partito e dell’esercito. Leonid Brezhnev, ad esempio, annunciò in diverse occasioni che la coesistenza pacifica non avrebbe comportato un indebolimento della lotta rivoluzionaria mondiale; al contrario, la lotta si sarebbe intensificata e gli antagonismi si sarebbero acuiti tra i due sistemi. Nel 1973, Breznev affermò che “la rivoluzione, la lotta di classe e il marxismo-leninismo non possono essere abrogati per ordine o per accordo…ordine o per accordo… stiamo lottando per assicurare condizioni internazionali favorevoli per l’avanzamento della causa del progresso sociale”. Questo punto di vista è stato ribadito da Breznev nel 1976 al XXV Congresso del CPSU:

I politici borghesi […] si lamentano della solidarietà dei comunisti sovietici e del popolo sovietico con la lotta dei popoli per la libertà e il progresso. Si tratta di ingenuità o, più probabilmente, di deliberato offuscamento… La coesistenza pacifica… non abolisce minimamente, né può abolire o alterare, le leggi della lotta di classe.

Il maresciallo A. A. Grechko ha affermato in modo analogo che la prospettiva leninista sul conflitto, la guerra e la politica Leninista sul conflitto, la guerra e la politica continua a essere alla base dei concetti politico-strategici sovietici e la relativa dottrina militare.

Secondo Grechko:

La definizione di Lenin sulla natura della guerra è la chiave per una corretta comprensione del contenuto socio-politico delle guerre passate e di quelle precedenti… Lenin è la chiave per una corretta comprensione della natura della guerra.

Lenin insegna che “la guerra è semplicemente una continuazione della politica con altri mezzi (specificamente violenti)”… Questo è stato sempre il punto di vista di Marx ed Engels, che hanno esaminato ogni guerra come la continuazione di politiche e poteri…La scienza militare sovietica è guidata… dalla definizione leninista dell’essenza della guerra come continuazione della politica attraverso altri mezzi, specificamente mezzi di forza.

Ciò che queste affermazioni suggeriscono è una continua adesione sovietica a una visione dinamica e dialettica della storia, che sottolinea come l’interazione e il movimento politico siano il risultato di un conflitto. Un conflitto che si verifica quasi sempre tra i principali avversari di ogni periodo storico. Come ha osservato un importante portavoce sovietico, “la rivalità, la lotta e il conflitto dei due sistemi contrapposti sono oggettivamente ineluttabili” e continueranno “finché esisteranno due sistemi socio-economici diversi”. L’antagonista principale, secondo il punto di vista sovietico, è l’entità che ha la capacità e la volontà di infliggere il danno più grave. Una volta identificato l’antagonista principale, l’approccio sovietico richiede che questa entità sia separata dai suoi alleati e isolata nel sistema internazionale.”

Le conseguenze di tale impostazione vengono dettagliatamente descritte dall’ex spia cecoslovacca Ladislav Martin-Bittman nel suo libro più famoso del 1983, The KGB and Soviet Disinformation: An Insider’s View: “The overall purpose is not only to deceive but to cause damage to the target. The victim of disinformation must be led to inflict harm upon himself, directly or indirectly. – either by acting against his own interests on the basis of spuriod information or by remaining passive when action is needed”. Facendo dunque leva come un’incudine capace di agire su argomentazioni od idee particolarmente divisive (oggi diremo polarizzanti…) l’autore afferma ancora: “Most disinformation clearly serves the receiver’s needs by playing upon prejudice and bias.” L’esperto politologo Thomas Rid riassume quanto fin qui analizzato in maniera molto efficace mostrando i “punti di sutura” (come li definisce il collettivo Luther Blisset) su cui agire: “Basandosi sull’analisi del materiale a loro disposizione, e facendosi aiutare se necessario da scienziati e specialisti, gli agenti hanno il dovere di rintracciare focolai di crisi, insoddisfazioni, frizioni, contrasti, rivalità e scontri nel territorio nemico. L’approccio scientifico e la conoscenza delle culture dei diversi paesi avrebbero consentito di identificare i punti deboli più vulnerabili”.

Ma l’intelligence sovietica non ha limitato il concetto di “misure attive” alla sola intelligence. Le misure attive erano infatti un complemento non convenzionale alla diplomazia tradizionale. Sono state per antonomasia uno strumento offensivo della politica sovietica. In particolare, avevano lo scopo di influenzare la politica dei governi stranieri, interrompere le relazioni tra altre nazioni, minare la fiducia nei leader e nelle istituzioni straniere, e screditare gli avversari. Le misure attive, quindi, consistevano in un’ampia gamma di attività, sia palesi che occulte, tra cui1:

  • Manipolazione o controllo dei media.

  • Disinformazione scritta o orale.

  • Uso di partiti comunisti stranieri e di organizzazioni di facciata.

  • Manipolazione delle organizzazioni di massa.

  • Falsificazione di documenti diplomatici, storici, etc…

  • Radiodiffusione clandestina.

  • Attività economiche.

  • Operazioni paramilitari.

  • Altre operazioni di influenza politica.

  • Quale dunque migliore occasione di un nuovo e sconosciuto virus patogeno che sembrava colpire maggiormente omosessuali e tossicodipendenti e che iniziava a terrorizzare il mondo intero seminando morte e sofferenza?

Operation Denver

Storicamente l’inizio della “misura attiva” è identificato con la pubblicazione sul giornale indiano “Patriot” il 17 Luglio 1983 di un articolo dal titolo: “AIDS may invade India: Mystery disease caused by US experiments”. L’”Operazione Denver” inizia con una presunta lettera anonima “di un famoso antropologo e scienziato americano” . Nella classica rubrica delle lettere al giornale veniva ventilata l’ipotesi che il virus dell’HIV causa dell’AIDS (acronimo di “Acquired ImmunoDeficiency Syndrome”) fosse stato creato in laboratorio negli Stati Uniti per essere accidentalmente o volutamente messo in circolazione con l’obiettivo di sterminare la popolazione come arma biologica di massa contro gli omosessuali e tossicodipendenti.

Un’attenta analisi delle fonti attraverso le pubblicazioni del Dipartimento della Difesa Americano (Soviet Influence Activities: A Report on Active Measures and Propaganda, 1986 – 87) descrivono il giornale come: “Il New Delhi Patriot è un quotidiano filo-sovietico con una tiratura di circa 35.000. Ha servito a lungo come veicolo per la disinformazione sovietica. Secondo Ilya Dzhirkvelov, un ex Ufficiale del KGB che disertò in Occidente nel 1980, il Patriot era stato istituito dal KGB nel 1962 con lo scopo di pubblicare disinformazione”.

Il nome “Denver” a differenza del più noto e conosciuto “Operation Infektion” è stato tratto da fonti certe che lo storico Douglas Selvage in collaborazione con l’esperto storico ed archivista Christopher Nehring hanno rintracciato nell’archivio dell’ex Agenzia per lo spionaggio Bulgaro: “Alll’inizio del settembre 1986, la Stasi della Germania dell’Est ha cercato di indurre la Sicurezza di Stato bulgara a collaborare con essa – cioè non solo con il KGB – nella campagna di disinformazione sull’AIDS. La divisione per le misure attive (numero romano “X”) della Direzione capo dell’intelligence (Hauptverwaltung Aufklärung, HVA) della Stasi ha scritto in un progetto di piano di cooperazione sulle misure attive quanto segue:

Con l’obiettivo di esporre i pericoli per l’umanità derivanti dalla ricerca, produzione e uso di armi biologiche, e anche al fine di rafforzare i sentimenti antiamericani nel mondo e suscitare controversie politiche interne negli Stati Uniti, la RDT [Repubblica Democratica Tedesca] consegnerà uno studio scientifico e altro materiale che dimostrerà che l’AIDS ha avuto origine negli Stati Uniti, non in Africa, e che l’AIDS è un prodotto della ricerca statunitense sulle armi biologiche.”

In un precedente documento, sempre individuato dai ricercatori Selvage-Nehring, del 6 Settembre 1985 negli archivi Bulgari, il KGB comunica al Servizio Segreto Bulgaro:

Stiamo conducendo una serie di misure [attive] in connessione con la comparsa negli ultimi anni negli Stati Uniti di una nuova e pericolosa malattia, la “Sindrome da immunodeficienza acquisita – AIDS”…, e la sua successiva diffusione su larga scala in altri paesi, compresi quelli dell’Europa occidentale. L’obiettivo di queste misure è creare un’opinione favorevole per noi all’estero sul fatto che questa malattia sia il risultato di esperimenti segreti con un nuovo tipo di arma biologica da parte dei servizi segreti degli Stati Uniti e del Pentagono che sono andati fuori controllo”.

La “lettera” apparsa sul Patriot anche se non ebbe l’eco mediatica sperata, costituì in ogni caso un importante precedente citato in numerose occasioni dagli articoli successivi. In quest’ottica la campagna raggiunse un più ampio pubblico attraverso la pubblicazione il 30 ottobre 1985 di un nuovo pezzo su Literaturnaya Gazeta dal titolo “Panico ad occidente: ovvero, chi si nasconde dietro le voci sull’AIDS” riportando in buona parte ed integrando quanto già apparso sul “Patriot”. Lo stesso articolo riportava parte delle immagini della copertina della rivista Life del Luglio 1985 che titolava in caratteri rossi: “Now No One Is Safe From AIDS” oltre ad una foto di Fort Detrick1 dimostrando il mutato interesse e preoccupazione dell’opinione pubblica mondiale e soprattutto occidentale. Va in ogni caso sottolineato che anche per il settimanale Literaturnaya Gazeta vi erano prove che fosse uno dei mezzi preferiti dal KGB come riporta nel suo libro l’ex Generale del KGB Oleg Kalugin: “Literaturnaya Gazeta era il nostro principale canale nella stampa sovietica per la propaganda e la disinformazione. Ogni volta che chiamavamo l’editore, Alexander Chakovsky, e gli chiedevamo di stampare un articolo, lui rispettava. A volte scrivevamo storie sotto il nome di autori inesistenti. A volte giornalisti come Borovik o Iona Andronov hanno scritto le storie, utilizzando le informazioni fornite dal KGB. Ma qualunque sia il metodo, Literaturnaya Gazeta, che stranamente è diventata una delle pubblicazioni principali durante la Glasnost, era una delle nostre pubblicazioni preferite”. A questo punto la “fake news” esplose e fu ripresa da numerose testate estere anche grazie all’ulteriore lancio da parte di diverse agenzie e media sovietici.

La domanda da porsi riguarda principalmente quali siano state le basi che hanno contribuito alla creazione di questi articoli: gli agenti del KGB e degli altri Servizi satelliti da quale materiale sono partiti su cui ideare la diffusione e l’organizzazione della loro campagna? Se ci rifacciamo al pensiero politico delineato nell’introduzione potremmo avanzare l’ipotesi che tali campagne di disinformazione abbiano tratto forte ispirazione dalle teorie del complotto che “naturalmente” si stavano diffondendo all’interno delle minoranze gay ed afroamericane proprio negli Stati Uniti. Se è vero infatti, come testimoniano cronache storiche di ogni epoca, che le epidemie sono state sempre accompagnate da “teorie del complotto” utili ad affrontare psicologicamente un evento catastrofico ed imprevedibile come le epidemie, non possiamo escludere che una forte componente derivi anche da quello che il noto politologo Richard Hofstadter definisce come “Lo stile paranoide nella politica americana”. La profonda sfiducia verso le istituzioni governative era nata dopo lo “scandalo Watergate”. Si era ulteriormente incrinata soprattutto dopo la rivelazioni degli incredibili esperimenti del progetto MK-Ultra2 e del famigerato studio medico sulla sifilide di Tuskegee3. Questo clima aveva condotto l’opinione pubblica statunitense ed alcune sue minoranze alla creazione di diverse “teorie del complotto”. L’idea stessa di un presunto “stato nello stato”, oggi così presente nella narrativa americana contemporanea, era al suo inizio ma già permeava profondamente tutte le classi sociali soprattutto quelle più povere ed emarginate. E’ quasi scontato osservare che quanto riportato negli articoli del Patriot e della Literaturnaya Gazeta era già presente in un articolo del 9 Luglio 1983 sul Boston Gay Community News a firma dell’attivista gay Charlie Shively.

L’autore aveva avanzato questa inquietante ipotesi parlando apertamente di un’ “arma etnica” sviluppata dal Pentagono sull’onda delle sempre più evidenti morti tra gli omosessuali e dell’ormai sfiducia prossima alla paranoia di uno Stato ritenuto assente o poco interessato alle sorti dell’allora additata communità gay.

Non è possibile creare un collegamento causale diretto con quanto riportato negli scritti degli agenti della disinformazione, tuttavia anche gli ufficiali della Stasi Gunther Bonsach ed H. Brehemer commentano nel loro saggio (“Auftrag Irrefuhrung: Wie die Stasi Politik im Westen machte”) la stretta concordanza e conseguenza logica delle diffuse argomentazioni complottiste: “La diffusione a valanga di questa terribile malattia a milioni di persone negli anni ’80, soprattutto in Africa, ha fatto riaccendere la discussione sull’origine del virus. Allo stesso tempo, proliferano storie e teorie secondo cui la ricerca genetica, soprattutto negli Stati Uniti, poteva produrre nuove aberrazioni che minacciano l’umanità. In questo contesto, il concetto di campagna è venuto quasi naturalmente”. Un ragionamento che collima perfettamente nell’ottica della filosofia politica alla base delle “misure attive” russe e che forse spiega in parte il suo meccanismo di creazione e diffusione.

Conclusioni

La recente “infodemia” associata all’attuale pandemia mondiale di COVID-19 e persino la invasione dell’Ucraina hanno visto numerosi tentativi di disinformazione associata sia alla “creazione in laboratorio” del nuovo coronavirus, sia alla giustificazione dell’intervento militare russo in territorio Ucraino con lo scopo di fermare l’operato di presunte ricerche “a scopo bellico” sui virus nei laboratori di ricerca biologica sparsi nel paese. Tali affermazioni seppur definite da alcuni analisti di politica internazionale come semplice propaganda utile allo sforzo bellico hanno tuttavia reali e devastanti conseguenze amplificando e dando nuovo slancio alle diverse “teorie cospiratorie” molto diffuse in tutto il mondo occidentale. L’uso delle disinformazioni sui virus come “armi” non è appannaggio del solo occidente ed è stato ampiamente usato anche in alcuni paesi del medio-oriente.

Abbiamo assistito increduli al “riciclo” dell’ormai abusato “complotto del virus creato a Fort Detrick” nella contemporanea disinformazione riguardante il COVID-19 in cui anche la propaganda cinese si unisce ed amplifica quella russa accusando gli Stati Uniti come possibili “creatori” del nuovo CoronaVirus causa del COVID-19.

Stupisce in ogni caso constatare che l’approccio politico/ideologico, e soprattutto il pragmatismo sperimentativo nato dall’esperienza diretta basata su vari tentativi e fallimenti, abbiano condotto i suoi ideatori a forme di penetrazione strategica disinformativa particolarmente efficaci senza la profonda conoscenza dei complessi meccanismi di psicologia cognitivi che oggigiorno possediamo. Tali forme di disinformazione non possono ritenersi quindi innocue, simbolici colpi sparati nella tanto attuale “Guerra dell’Informazione” e dunque forieri di conseguenze reali. L’impatto di tali massicce campagne di disinformazione internazionale possono essere rilevate, ad esempio, in atteggiamenti che conducono a comportamenti ad alto rischio come riporta la Prof.ssa Nicoli Nattrass nel suo libro “The AIDS Conspiracy”:

Un numero crescente di ricerche mostra che le convinzioni sulla cospirazione dell’AIDS negli Stati Uniti e in Sud Africa sono associate a comportamenti sessuali a rischio, alla mancata adesione al trattamento antiretrovirale e al mancato test per l’HIV”– tutti comportamenti associati a tassi di infezione da HIV più elevati e quindi ad un numero maggiore di vittime”.

Come lo storico militare Thomas Boghardt ha scritto, in uno dei primi articoli riguardanti questa complessa vicenda, il lascito di questa misura attiva ha travalicato le aspettative dei suoi stessi ideatori e conclude la sua tesi affermando:

Dotati di una comprensione intuitiva della psiche umana, gli specialisti di disinformazione sovietici e della Germania dell’Est applicarono le tecniche che stimolano la crescita e la diffusione di voci e teorie del complotto: la ricerca semplicistica di capri espiatori, la ripetizione infinita e l’abile mescolanza di bugie e mezze verità con fatti innegabili. Una volta che la teoria del complotto sull’AIDS si fu radicata nel subconscio globale, divenne una pandemia a pieno titolo. Come ogni buona storia, si diffuse principalmente tramite il passaparola, soprattutto all’interno dei sottogruppi più colpiti. Avendo sfruttato efficacemente le dinamiche delle voci e delle teorie del complotto, l’intelligence del blocco sovietico ha creato un mostro che è sopravvissuto ai suoi creatori.”

*

Enrico Speranza è Analista Programmatore, si occupa dello sviluppo di sistemi informatici sicuri e crittografia. Sul tema dell’Operation Denver ed in generale delle “Misure attive” ha scritto articoli in rete e su riviste partendo dall’approccio particolare dell’analisi di voci e leggende contemporanee.

NOTE

1 – CIA FOIA: ACTIVE MEASURES, QUIET WAR AND TWO SOCIALIST REVOLUTIONS. https://www.cia.gov/readingroom/document/cia-rdp90-00806r000200720008-2

2 – Istituto di ricerca medica sulle malattie infettive dell’esercito degli Stati Uniti, si trova appunto a Fort Detrick, un’installazione medico-militare nello stato del Maryland.

3 – MKUltra è il nome in codice di un programma segreto della CIA, condotto tra gli anni ’50 e ’70, volto a studiare il controllo mentale attraverso l’uso di droghe (come l’LSD), ipnosi, torture psicologiche e altre tecniche sperimentali.

4 – Lo studio sulla sifilide di Tuskegee fu un esperimento clinico attuato e seguito dallo United States Public Health Service nella città di Tuskegee, in Alabama, negli USA.

BIBLIOGRAFIA

Ladislav Bittman, Roy Godson, The KGB and Soviet Disinformation: An Insider’s View, 1983

United States Department of State, Soviet Influence Activities: A Report on Active Measures and Propaganda, 1986 – 87, 1987

Günter Bohnsack, H. Brehmer, Auftrag Irreführung: Wie die Stasi Politik im Westen machte, Hamburg 1992

Thomas Boghardt, Soviet Bloc Intelligence and Its AIDS Disinformation Campaign. 2009

Fletcher Schoen, Christopher J. Lamb. Deception, Disinformation, and Strategic. Communications: How One Interagency Group. Made a Major Difference. 2012

Geissler E, Sprinkle RH. Disinformation squared: was the HIV-from-Fort-Detrick myth a Stasi success?. 2013 (PDF)

Nicoli Nattrass, The AIDS Conspiracy – Science Fights Back, Novembre 2013

Selvage, Douglas; Nehring, Christopher. Die AIDS-Verschwörung – Das Ministerium für Staatssicherheit und die AIDS-Desinformationskampagne des KGB. 2014

Selvage, Douglas. Memetic engineering: conspiracies, viruses and historical agency. Open Democracy UK. 2015.

Erhard Geissler, The AIDS Myth at 30. 2016

Fingerprints of Russian Disinformation: From AIDS to Fake News, https://www.nytimes.com/2017/12/12/us/politics/russian-disinformation-aids-fake-news.html, New York times, 2017

Anders Jeppsson, How East Germany Fabricated the Myth of HIV Being Man-Made. 2017

Selvage, Douglas. Operation “Denver”: The East German Ministry of State Security and the KGB’s AIDS Disinformation Campaign, 1985–1986 (Part 1). 2019

Selvage, Douglas; Nehring, Christopher. Operation “Denver”: The East German Ministry for State Security and the KGB’s AIDS Disinformation Campaign, 1986–1989 (Part 2). 2021

Selvage, Douglas; Nehring, Christopher. Operation “Denver”: KGB and Stasi Disinformation regarding AIDS. 2019

Opinion video series ‘Operation Infektion’ by The New York Times

China revives conspiracy theory blaming U.S. for COVID-19, https://medium.com/dfrlab/china-revives-conspiracy-theory-blaming-u-s-for-covid-19-4526d316abf3, Febbraio 2021

Wuhan lab leak theory: How Fort Detrick became a center for Chinese conspiracies, https://www.bbc.com/news/world-us-canada-58273322, 23 Agosto 2021

Misure attive, Storia segreta della disinformazione, Thomas Rid, Gennaio 2022

Moscow, “Bioweapons,” and Ukraine: From Cold War “Active Measures” to Putin’s War Propaganda,https://www.wilsoncenter.org/blog-post/moscow-bioweapons-and-ukraine-cold-war-active-measures-putins-war-propaganda, Marzo 2022

MK-Ultra: https://info.publicintelligence.net/SSCI-MKULTRA-1977.pdf

Project Mind Control: Sidney Gottlieb, the CIA, and the Tragedy of MKULTRA, John Lisle, MacMillan, 2025

Articoli sul tema scritti dall’autore o a cui ha collaborato:

https://www.researchgate.net/profile/Douglas-Selvage/publication/336654901_Operation_Denver_The_East_German_Ministry_of_State_Security_and_the_KGB’s_AIDS_Disinformation_Campaign_1985-1986_Part_1/links/6094f5e2299bf1ad8d81d488/Operation-Denver-The-East-German-Ministry-of-State-Security-and-the-KGBs-AIDS-Disinformation-Campaign-1985-1986-Part-1.pdf (Nota 16 pagina 75)

https://enrico-speranza.medium.com/operation-infektion-disinformation-virus-706c67373cc6 (Prima Versione)

https://www.laputa.it/operazione-infektion-virus-disinformazione/ (Seconda Versione con correzioni ed immagini)

https://www.youtube.com/watch?v=x9L7ExLL2KA

https://storieinmovimento.org/wp-content/uploads/2024/03/06_ZAP60-Scheggia2.pdf

(https://independent.academia.edu/EnricoSperanza)

 

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