di Luigi Sergio Germani. Parte prima – La guerra ibrida russa trae le sue origini dalla strategia sovietica di disinformazione e “misure attive” (aktivnye meroprijatija), che abbracciava svariate attività sovversive tese alla destabilizzazione politica e psicologica dell’Occidente, tra cui la disinformazione e la propaganda, il finanziamento occulto a partiti comunisti in Occidente e nel Terzo Mondo, il reclutamento di agenti di influenza, il sostegno a organizzazioni terroristiche ed eversive. (1)
Per comprendere in profondità la natura della guerra ibrida condotta oggi dalla Russia di Putin contro l’Europa e contro l’Italia, é imprescindibile studiare la storia delle “misure attive” sovietiche, che negli anni della Guerra Fredda hanno pesantemente condizionato e destabilizzato il nostro paese, specie nel periodo drammatico e doloroso degli “anni di piombo”, dello stragismo, dell’estremismo isterico che dilagava nelle élite intellettuali, e della violenza politica diffusa praticata dagli “opposti estremismi”.
Tuttavia, la storia della sovversione sovietica in Italia è stata in gran parte “rimossa” dalla riflessione politica e culturale nazionale dopo il crollo della Prima Repubblica, il che ha indebolito le difese intellettuali e psicologiche della società italiana nei confronti della guerra ibrida condotta contro la democrazia italiana dalla Russia putiniana e da altre potenze autocratiche come Cina e Iran.
La strategia sovietica di “misure attive”
Vediamo di spiegare, a grandi linee, cosa furono le misure attive sovietiche e come furono applicate per influenzare e destabilizzare l’Europa e l’Italia nell’epoca dello scontro bipolare USA-URSS.
Verso la metà degli anni Sessanta del secolo scorso il Cremlino prese la decisione strategica di avviare un programma pluridecennale di riarmo, teso a raggiungere e superare l’Occidente sotto il profilo degli armamenti sia nucleari che convenzionali. Come conseguenza di questa politica il settore militare arrivò ad assorbire una percentuale elevatissima del PIL, il che contribuì a determinare il declino e l’eventuale crisi sistemica dell’economia sovietica.
A partire dal 1965 fino alla perestrojka gorbačëviana i dirigenti sovietici promossero la crescente militarizzazione dell’economia, poiché la loro visione ideologica li portava a ritenere inevitabile una sempre più aspra lotta a livello mondiale (e possibilmente una guerra nucleare) fra blocco comunista e Occidente capitalistico, fino all’eventuale capitolazione di quest’ultimo. L’élite sovietica, infatti, nutriva un’ostilità irriducibile nei confronti dell’Occidente, e si sentiva investita della missione di espandere il sistema comunista in tutto il mondo.
Pochi anni prima di iniziare detto programma di riarmo, il Cremlino iniziò a mettere a punto una strategia di lungo termine finalizzata al progressivo indebolimento militare, economico e psicologico dell’Occidente tramite le misure attive. Intorno al 1985 si evidenziò il fallimento del tentativo dell’URSS, protrattosi per oltre 20 anni, di destabilizzare e logorare l’Occidente tramite la disinformazione e altre misure attive, associate a uno sforzo enorme di riarmo nucleare e convenzionale. Un’efficace politica di contrasto e contenimento dell’espansionismo sovietico, perseguita dagli Stati Uniti e dalla NATO negli anni ’80 con il contributo decisivo dell’Italia, contribuì al fallimento della strategia di Mosca.
Come testimoniano documenti sovietici, sia dell’Armata Rossa che del PCUS, resi disponibili dopo il collasso del comunismo, i vertici politici e militari sovietici erano convinti, per quasi 20 anni, di essere in grado di combattere e vincere una guerra nucleare contro gli USA e la NATO (2). Il Cremlino, tuttavia, riteneva preferibile evitare un conflitto atomico e sconfiggere l’Occidente mediante una strategia di graduale logoramento fondata sulle misure attive, che comprendevano le seguenti attività :
- Campagne di disinformazione e propaganda sia occulte che palesi.
- Reclutamento di “agenti di influenza” di Mosca nel mondo politico, economico, giornalistico e culturale-accademico dei paesi bersaglio.
- Finanziamento occulto di partiti comunisti di paesi stranieri e loro utilizzo come strumenti di influenza sovietica.
- Assistenza militare fornita a movimenti rivoluzionari e di “liberazione nazionale” nel Terzo Mondo.
- Sostegno militare, finanziario e logistico occulto a formazioni terroristiche europee di matrice marxista-leninista (Rote Armee Fraktion tedesca, Brigate Rosse), etnico-separatista (IRA e ETA) e a gruppi terroristici arabi (Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina).
- L’uso con finalità di influenza di organizzazioni non-governative di facciata o di copertura (come ad esempio il “Consiglio Mondiale per la Pace” e la “Federazione Mondiale dei Sindacati”) di fatto controllate dal Dipartimento Internazionale del Comitato Centrale del PCUS e/o dal KGB.
- Finanziamento e strumentalizzazione di movimenti pacifisti occidentali.
- Operazioni paramilitari clandestine, tra cui assassini mirati di oppositori e dissidenti anti-sovietici e azioni di sabotaggio.
- Il sostegno al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, soprattutto dall’Afghanistan, verso gli Stati Uniti e l’Europa occidentale
La disinformazione come strumento di governo della società sovietica
La disinformazione fu istituzionalizzata dal regime sovietico come strumento di governo della società sovietica. Il regime utilizzava la disinformazione e la propaganda in modo massiccio all’interno, per occultare la realtà e creare una “realtà alternativa” agli occhi della popolazione sovietica.
Il sistema sovietico fu descritto come “la Menzogna” da Alexander Sol’ženytsin e da altri dissidenti anti-totalitari del mondo comunista (3) , e per Jean-Francois Revel “l’ideologia comunista è una menzogna totale estesa a tutti gli aspetti della realtà” .
Infatti, il regime sovietico impiegò la sua enorme macchina di propaganda e indottrinamento – congiuntamente al terrore di massa scatenato dalla polizia segreta contro la popolazione – per far credere che la menzogna fosse la realtà. Come affermò il grande sociologo italiano Luciano Pellicani, nel totalitarismo comunista l’individuo è costretto “a riconoscere come corrispondente al mondo reale l’immagine del mondo che il regime costruisce e divulga attraverso i mass media. Così l’ideologia e la realtà diventano di fatto un’unica cosa (nel senso che la prima schiaccia e occulta la seconda) e la manipolazione delle menti può essere totale”(4) .
Come osservò lo storico Robert Conquest:
“La società sovietica fu costretta a “vivere una doppia esistenza: da una parte il mondo ufficiale della fantasia, della felicità, delle grandi realizzazioni, delle statistiche meravigliose, della libertà e della democrazia, e dall’altra la realtà della tristezza, della sofferenza, del terrore, della delazione, e della degenerazione degli apparatčiki…..Il terrore, accompagnato da uno sforzo massiccio di indottrinamento, evidentemente mirava a imporre la fantasia di un paese fiorente e felice…..di distruggere la verità il più possibile, di sradicare e prevenire il pensiero indipendente…… La falsificazione investì tutte le sfere. I fatti reali, le statistiche reali, spariranno nel mondo della fantasia. La storia, compresa la storia del Partito Comunista, fu riscritta……un nuovo passato, e un nuovo presente, furono imposte alle menti prigioniere della popolazione sovietica”(5).
La disinformazione come arma della politica estera sovietica
A partire dai primi anni ’60, l’URSS iniziò a utilizzare in maniera più intensa e sistematica la disinformazione e la propaganda anche come strumenti di politica estera.
Nel 1959, all’interno del Primo Direttorato Principale del KGB, fu costituito il Dipartimento per la Dezinformacija (Dipartimento “D”), incaricato di pianificare e attuare operazioni occulte di disinformazione all’estero. Poi, nel 1970, il Dipartimento “D” diventò Servizio “A”, un organismo di rango superiore all’interno del KGB(6).
Negli anni ’60 e successivamente la macchina propagandistica globale del regime sovietico fu sempre più potenziata, e furono create due strutture-chiave all’interno del Comitato Centrale del PCUS incaricate di coordinare le operazioni di propaganda e sovversione politica all’estero:
- il Dipartimento Internazionale del Comitato Centrale del PCUS, che si occupava di gestire i rapporti con i partiti comunisti in Occidente e nel Terzo Mondo, con altri partiti e movimenti rivoluzionari nel Terzo Mondo, e con le international front organizations : organizzazioni internazionali non-governative di facciata controllate dal regime sovietico (come, ad esempio, il World Peace Council e la World Federation of Trade Unions).
- Il Dipartimento di Informazione Internazionale del Comitato Centrale del PCUS , che gestiva l’apparato mediatico internazionale dell’URSS composto da agenzie stampa (come Tass e Novosti) , emittenti radio, giornali, riviste, e case editrici.
Il PCUS e il KGB impiegavano diverse tecniche di disinformazione: la conduzione di campagne propagandistiche tramite i mass media ufficiali controllati dal PCUS; la diffusione di notizie false mediante “agenti di influenza” controllati dal KGB e inseriti nel mondo politico e nei mass media dei paesi-bersaglio; l’uso di partiti comunisti all’estero e di international front organizations controllate dal PCUS per condurre operazioni disinformative e di propaganda; la falsificazione di documenti ufficiali di governi stranieri e di corrispondenza politico-diplomatica; la pubblicazione di articoli di stampa “pilotati” su organi di stampa di paesi occidentali e del Terzo Mondo.
Le campagne di disinformazione e propaganda sovietiche a livello globale a partire dagli anni ’60 diffusero miti disinformativi quali l’aggressività e il carattere militarista e avventuristico delle politiche americane e della NATO; i rischi crescenti di guerra nucleare derivanti da queste politiche; le crisi politiche, economiche e sociali negli Stati Uniti e in tutti paesi occidentali, descritte come catastrofiche; lo sfruttamento e l’oppressione dei popoli del Terzo Mondo da parte degli Stati Uniti e dell’Occidente; la pace e la stabilità internazionale come obiettivi di fondo della politica estera sovietica.
Ecco alcuni esempi di disinformazione elaborata dagli specialisti sovietici di “misure attive” e diffusa in tutto il mondo, negli anni ’70 e ’80, tramite i mass media dell’URSS e/o agenti di influenza e in alcuni casi mediante partiti comunisti “fratelli” e international front organizations(7):
- Il virus HIV/AIDS è stato creato dal Pentagono nell’ambito di un progetto di ricerca sulle armi biologiche svolto nella base militare di Fort Detrick nel Maryland.
- La bomba al neutrone creata dagli Stati Uniti ha abbassato la soglia per l’uso delle armi nucleari, rendendo più probabile una guerra nucleare tra USA e URSS, soprattutto in Europa.
- La CIA ha assassinato John F. Kennedy, Martin Luther King, Olaf Palme, e Indira Ghandi.
- Il Pentagono ha prodotto una “arma etnica” che uccide solo le persone di colore ed è innocua per i bianchi.
- Bambini sudamericani vengono cresciuti e ingrassati per fornire organi umani destinati al mercato americano.
- La CIA e i servizi segreti italiani hanno appoggiato le Brigate Rosse e le formazioni terroristiche di estrema destra in Italia nell’ambito della “strategia della tensione”.
Il KGB, inoltre, produsse una quantità enorme di documenti falsificati di governi esteri e false lettere e telegrammi di personalità politiche, diplomatiche, e militari, che venivano poi diffusi a organi di stampa in diversi paesi. Ad esempio:
- La lettera falsa, diffusa nel 1982, di Alexander Haig, Comandante Supremo delle Forze Alleate in Europa, a Joseph Luns, Segretario Generale della NATO, che propone l’ipotesi di un uso limitato delle armi nucleari in Europa e di intraprendere “operazioni sensibili” nei confronti chi si oppone alla modernizzazione delle forze nucleari intermedie della NATO in Europa.
- Il falso manuale da campo dell’esercito americano US Army Field Manual 30-31B intitolato “Stability Opérations Intelligence – Special Fields”, datato 1970, che descrive una “strategia della tensione” con attacchi violenti false flag da attribuire al terrorismo di sinistra per convincere governi alleati della necessità di adottare contromisure molto decise per arginare la crescita dei partiti comunisti in Europa occidentale. Questo documento falso continua ad essere utilizzato oggi per sostenere la tesi del presunto coinvolgimento della CIA nel rapimento e assassinio di Aldo Moro e nel terrorismo stragista in Italia negli anni ‘70 e ‘80(8).
- Due falsi telegrammi inviati nel 1983 dall’ambasciata USA a Roma al Dipartimento di Stato in cui veniva discussa una campagna di disinformazione e depistaggio promossa dagli Stati Uniti per accreditare la tesi circa il coinvolgimento del KGB e dei servizi segreti bulgari nel attentato a Papa Giovanni Paolo secondo. Questi telegrammi falsi costituirono la base di un articolo pubblicato dal mensile Pace e Guerra, che accusò il governo americano, insieme ai servizi segreti italiani e ad elementi filo-atlantici del Psi, di aver condotto tale campagna disinformativa sull’attentato al Papa(9).
- Falsi volantini della Jewish Defense League americana inviati nel 1977 a gruppi di militanti afro-americani . I volantini contenevano insulti razzisti contro gli afro-americani accusati di violenza contro gli ebrei-americani.
Le operazioni di dezinformacija perseguivano una o più delle seguenti finalità:
- Alimentare tensioni sociali, razziali, etniche e/o religiose all’interno delle società occidentali.
- Aizzare le popolazioni contro le Istituzioni dello Stato nei paesi occidentali e provocare la crescente ingovernabilità di questi ultimi.
- Diffondere un senso di demoralizzazione, sfiducia e pessimismo tra le popolazioni dei paesi occidentali circa il futuro delle democrazie capitalistiche, sfruttando paure (specie la paura della guerra nucleare) e sensi di colpa.
- Screditare e demonizzare determinati Paesi, governi, gruppi politici, leaders, o individui, considerati ostili agli interessi sovietici.
- Diffondere fra élites e masse nei paesi non-comunisti un’immagine falsamente tranquillizzante della politica estera sovietica.
- Fomentare tensioni fra i Paesi NATO e fra Stati Uniti ed Europa Occidentale.
- Alimentare tensioni fra paesi occidentali e paesi del Terzo Mondo, e in particolare fra Stati Uniti e Terzo Mondo.
- Delegittimare e destabilizzare i servizi informativi e di sicurezza occidentali.
Il PCI e le misure attive sovietiche in Italia
L’Italia indubbiamente rivestiva una particolare importanza per la strategia sovietica di destabilizzazione delle democrazie occidentali . L’Italia – come anche la Grecia – veniva vista dal Cremlino come l’anello debole della catena occidentale, il “ventre molle” dell’Alleanza Atlantica, da sfruttare per condurre sia attività di spionaggio sia operazioni di influenza e sovversione.
Uno strumento di enorme importanza di ingerenza e influenza sovietica era la presenza in Italia del partito comunista più forte dell’Occidente, il PCI, che fu finanziato segretamente dai sovietici per oltre 40 anni, fino alla dissoluzione dell’URSS nel 1991. Il PCI, inoltre, disponeva di un apparato paramilitare occulto addestrato, armato e finanziato dal KGB, capace di mobilitare fino a 250 mila uomini(10).
Il PCI, d’accordo con Mosca, aveva accantonato il modello bolscevico di rivoluzione violenta come strategia per conquistare il potere in Italia: esso adottò, invece, un approccio graduale, ispirato alla strategia gramsciana, teso a raggiungere l’egemonia culturale espandendo costantemente l’influenza del PCI nella cultura e nella società civile.
Secondo la strategia gramsciana, nell’Italia del Secondo Dopoguerra non era possibile conquistare il potere manu militari. Era invece possibile conquistarlo attraverso una strategia di graduale logoramento del nemico. Pertanto i comunisti “dovevano imitare i primi cristiani: erodere dall’interno – attraverso la conquista metodica, silenziosa, avvolgente delle sovrastrutture ideologiche – l’ordine esistente fino a togliere alla classe dominante il sostegno delle classi subalterne”(11).
Infatti, la strategia del PCI, finanziata con ingenti fondi messi a disposizione dall’URSS, mirava a penetrare e controllare le istituzioni culturali della società italiana: scuole, università, stampa, televisione, editoria, intrattenimento, chiese, sindacati, associazioni civiche e movimenti sociali. Il PCI riuscì in misura significativa a raggiungere il suo obiettivo di conquistare i cuori e le menti delle persone attraverso il suo potere in campo culturale.
In cambio dei finanziamenti sovietici gli apparati informativi del PCI svolgevano una attività sistematica di spionaggio politico, militare ed economico-industriale a favore dell’URSS (il KGB e altre polizie segrete comuniste disponevano anche di reti di informatori in Italia non appartenenti al mondo del PCI), e il Partito supportava molte delle campagne sovietiche di propaganda e disinformazione.
Negli anni 70 e 80 il PCI gradualmente si allontanò dall’ortodossia sovietica in campo ideologico e cessò di esaltare il mito dell’URSS. Tuttavia, non vi fu una rottura completa tra i due partiti e la macchina propagandistica del PCI continuava a diffondere sistematicamente miti disinformativi della propaganda sovietica, quali, ad esempio: l’aggressività e il carattere militarista e avventuristico delle politiche americane e della NATO; i rischi crescenti di guerra nucleare derivanti da queste politiche; l’imminente collasso degli Stati Uniti e del sistema capitalistico mondiale; lo sfruttamento e l’oppressione dei popoli del Terzo Mondo da parte degli Stati Uniti e dell’Occidente; la pace e la stabilità internazionale come obiettivi di fondo della politica estera sovietica; e il sostegno dei servizi segreti statunitensi a gruppi terroristici europei sia marx-leninisti che di estrema destra.
* Luigi Sergio Germani è il Direttore dell’Istituto Gino Germani di Scienze Sociali e Studi Strategici. *
Fine prima parte
NOTE
1 – Richard H.Schultz, Jr e Roy Godson, Dezinformatsia. Active Measures in Soviet Strategy, Pergamon-Brassey’s, 1984¸ Christopher Andrew e Vasili Mitrokhin, The Mitrokhin Archive: The KGB in Europe and the West , Allen Lane-The Penguin Press, London 1999, cap. 14; Thomas Rid, Active Measures. The Secret History of Disinformation and Political Warfare , Profile Books, Ltd., London, 2020
2 – Robert Conquest, Reflections on a Ravaged Century, John Murray Publishers, Londra, 1999, p 175.
3- Z (pseudonimo di Martin Malia), “To the Stalin Mausoleum”, Daedalus, n.1, 1990.
4 – Luciano Pellicani, “Il sistema totalitario”, Mondoperaio, n. 10, 1986.
5 – Robert Conquest, Reflections on a Ravaged Century, John Murray Publishers, Londra, 1999, pp. 96-101
6 – Richard H. Shultz and Roy Godson, Dezinformatsia: Active Measures in Soviet Strategy, McLean, VA: Pergamon Press, 1984, p. 33
7 – Per un’analisi di numerosi casi di disinformazione sovietica all’estero durante la Guerra Fredda cfr. L. S. Germani, F. Bigazzi e D. Fertilio, Bugie di Guerra. La disinformazione russa dall’Unione Sovietica all’Ucraina, Paesi Edizioni, 2022, nonché le opere citate nella nota 1.
8 – Vittorfranco Pisano, Italia e Stati Uniti. Terrorismo e disinformazione”, Nuova Cultura, Roma, 2016, in particolare il §3.5 “Il falso manuale da campo 30-31B”; Lorenza Cavallo, “Le stragi in Italia e il presunto Manual 30-31B della U.S. Army”, Avanti Online, 13 novembre 2019, https://www.avantionline.it/le-stragi-in-italia-e-il-presunto-manual-30-31b-della-u-s-army/.
9 – Dennis Kux, “Soviet Active Measures and Disinformation: Overview and Assessment,” Parameters, Journal of the US Army War College 15:4 (Winter 1985).
10 – Gian Paolo Pelizzaro, Gladio Rossa. Dossier sulla più potente banda armata esistita in Italia, Edizioni Settimo Sigillo, Roma, 1997.
11 – Luciano Pellicani, Il centauro comunista, Vallecchi, Firenze, 1979, p. 56.